Ho finalmente realizzato che la mia ricerca musicale ha per lo più perseguito l’obiettivo di trovare canzoni e dischi in grado di farmi sentire un po’ meno sbagliato. O più in generale personaggi che, a differenza mia, possiedono un talento sufficiente per mettere in musica situazioni e sentimenti con i quali relazionarsi a cuore aperto. A volte questa ricerca è andata a buon fine, altre no.
Di sicuro, se dovessi scegliere una sola canzone per innalzarla ad inno dei miei momenti più miserabili, non avrei il minimo dubbio.
Clear The Air ha tutto quello che mi serve. Un testo esageratamente autodistruttivo, una melodia eccellente e un video semplicemente fantastico.
In questo momento tutt’altro che brillante della mia tutt’altro che brillante esistenza ho deciso di iniziare a mettere in ordine i risultati di questa ricerca. Adesso posso contare su una libreria abbastanza organizzata, perfetta per quei momenti, direi piuttosto ricorrenti, dove la considerazione di me stesso risulta giusto un po’ deficitaria.
Il bottino maturato negli anni è senza dubbio di valore. Ho scoperto moltissimi dischi stupendi e artisti che tuttora fanno razzia dei miei ascolti. Salvagenti ai quali aggrapparmi quando davvero non ho idea di che cazzo sto combinando.
Ho successivamente realizzato che tra tutti questi salvagenti, Caso continua a sembrarmi quello più sicuro e affidabile. La spiegazione è piuttosto semplice e si basa interamente sul concetto di vicinanza.
Vicinanza innanzitutto geografica. Caso è di Bergamo, città non troppo distante dalla mia dannata Padova. Due città che tra le altre cose condividono più di qualche affinità.
Vicinanza linguistica. Cantando in italiano, Caso si premura di non mettermi di fronte alla mia scarsa conoscenza delle lingue straniere.
Vicinanza d’esperienze. Abbiamo più o meno la stessa età, gusti musicali molto simili. Siamo fatti con lo stesso stampo di chi non è mai riuscito ad abbandonare la provincia, o non ha mai voluto farlo. Perché spaventoso, perché troppo rischioso. O semplicemente perché, arrivati a un certo punto, non esisteva più alcun motivo per lasciarla. Ed è proprio questa visione della vita senza sovrastrutture, desiderosa di mettere a fuoco e ingigantire anche i dettagli più insignificanti, che mi fa sentire così vicino Caso e i suoi dischi.
La consapevolezza che qui gli errori commessi risultano più grandi e quasi mai sanabili. Sapere che quelli come noi non sono fatti per esistenze scoppiettanti o successi luminosi. Il sapersi accontentare: di una birra al bar, di relazioni sfilacciate ma indispensabili.
Da anni auguro a Caso un successo planetario. D’altro canto, egoisticamente parlando, sono contento sia rimasto un cantautore di nicchia. Non per paura di una possibile perdita di credibilità, sono certo riuscirebbe a risultare genuino anche riempiendo stadi 365 giorni l’anno, piuttosto perché questa sua dimensione molto più umana me lo fa sentire ancora più vicino.
Se ascoltando Buste, Atletica Leggera, Poco Memorabile, Aranciata Amara o Supercinema riesco a sentirmi meno sbagliato, il merito è tutto da ricercare in questo concetto un po’ raffazzonato di vicinanza. Concetto senza dubbio zoppicante. Carente e malamente assemblato.
Un concetto, forse più una superstizione, che sicuramente non risolve i problemi ma che ha il merito di riuscire a farmi stare un po’ meglio.
Anche solo per la durata di una canzone che non piace alla gente.